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La Confessione Auricolare
e la Penitenza Tariffata

Nella Chiesa antica era venuto gradualmente articolandosi un sistema penitenziale estremamente rigoroso, che andava sotto il nome di penitenza “pubblica” o, più propriamente, “canonica”, perché regolata poco per volta dai primi concili. Chi l'abbracciava era sottoposto ad un processo pubblico sotto l'autorità del vescovo, a cui privatamente confessava i peccati, ed entrava a far parte dell'ordo poenitentium. Da quel momento, tutto nella vita del penitente rivelava la sua condizione e su di lui si abbattevano “interdizioni” di ogni genere:  in pratica, l'ingresso in penitenza corrispondeva ad una morte civile e, come se non bastasse, con la minaccia della non reiterabilità. Proprio per l'inasprimento del rigore, nel V-VI secolo, l'ordo poenitentium non accoglieva più se non vecchi e moribondi. A questo regime penitenziale  si affiancò, a partire dal VI sec., una prassi penitenziale “privata” e iterabile che si ritiene  sia nata nei monasteri d'Irlanda, d'Inghilterra o di Scozia, da cui il nome di “penitenza insulare” che talvolta gli viene dato.

Grazie ai missionari venuti dalle isole, soprattutto Colombano e i suoi discepoli, la penitenza privata passò sul Continente e vi fu propagata. Le due fondamentali caratteristiche del nuovo sistema di amministrazione della penitenza erano la segretezza del rito e la sua reiterabilità: il peccatore confessava i suoi peccati in privato al sacerdote, non più soltanto al vescovo, tante volte quante aveva peccato. Un altro aspetto di novità è costituito dal sistema di tassazione precisa delle colpe, da cui il nome di penitenza “tariffata”. La “tariffa” non era una tassa da pagare al sacerdote, ma l'entità della pena da scontare per espiare la colpa commessa. Questa tassa penitenziale consisteva in mortificazioni corporali più o meno dure, in elemosine, nell’esilio, ma, soprattutto, in giorni di digiuno più o meno austero. Il verbo paenitere  è quasi sempre sinonimo di ieiunare.

Le tariffe penitenziali erano contenute in raccolte dette “libri penitenziali”, cataloghi di estensione differenti (poche pagine o interi opuscoli) che il sacerdote usava per analizzare i peccati e assegnare la penitenza corrispondente ai fedeli confessati. Questi manuali pratici  sono spesso anonimi o posti sotto il patrocinio, usurpato, di un grande personaggio come concordano gli studiosi nel caso del Penitenziale di San Colombano.

Dalla seconda metà del VII secolo agli inizi del IX, cioè nel periodo di maggior diffusione dei penitenziali si notano molte e rilevanti divergenze nella valutazione dei peccati e nella comminazione delle pene. Una revisione, che segnò la fine della fase creativa della composizione dei penitenziali, si ebbe con la riorganizzazione della gerarchia episcopale al tempo della riforma carolingia, la quale cercò  di restaurare la penitenza antica.

La lotta ai penitenziali, tacciati di pericolosi errori, fu intrapresa da numerosi concili, a partire da quelli riformatori dell'813 (Concilio di Reims e di Chalon-sur-Saône), in cui fu ordinato di ricercare e di bruciare i vecchi tariffari e, in loro sostituzione, di redigere nuove raccolte di canoni autentici. 


 I Penitenziali

 La Penitenza

 Il Sacramento difficile: La Penitenza, di don Emanuele Beghini, Vicario Parrocchiale di Ranica

 La Confessione, di Salvatore Incardona

 Pellegrini inglesi nel Medioevo: Tradizione Penitenziale e Pratiche di Pellegrinaggio, di Anna Spiezia

 A San Colombano dobbiamo la Confessione come la conosciamo oggi, di Mauro Steffenini 

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