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Una Via di San Colombano anche in Liguria

La fondazione di Bobbio rappresenta uno di quei pochi eventi della storia posti all’apice di tutta una serie di fattori e di cambiamenti evolutivi distribuiti nel tempo, che risultano in grado di determinare in modo irreversibile la nascita di una nuova era. Tra il VII e l'VIII secolo le campagne si ripopolano e nasce un mondo nuovo, dotato di strutture e infrastrutture atte a garantire una resistenza stabile. È un processo di crescita nel rispetto dell'equilibrio umano e ambientale che investe tutto l'Occidente europeo, con caratteristiche omogenee in regioni fra loro ben lontane. Quanto sopra affermato risulta evidente dall’analisi storica del territorio ligure denominato “Maritima bobbiese”.

Sulle vicende accadute durante i primi anni di vita del cenobio di Bobbio sono noti solo una serie di episodi frammentari, per la maggior parte riportati da Giona nelle biografie dei primi due abati successori di San Colombano. Nella “Vita”di Attala, monaco lerinese primo successore del Fondatore, è testimoniato un dissidio tra i religiosi fedeli alla Regola cenobitica e i sostenitori del carattere eremitico ed individuale del monachesimo di ispirazione colombaniana. Dopo vari tentativi di riconciliazione, l’abate lasciò a questi ultimi la libertà di operare secondo la loro ispirazione spirituale. Fu così che alcuni fra loro si insediarono fra i boschi dell’Appennino, altri si diressero in località vicine al mare (marinis sinibus) fondandovi quei piccoli insediamenti detti “cellae”. Sotto il secondo successore Bertulfo iniziò la fondazione di altre “cellae” quali nuovi centri economico-religiosi legati all’Abbazia madre bobbiese. Dalla mappatura del primitivo territorio longobardo-bobbiese in Maritima appare evidente la disposizione fitta e ordinata degli insediamenti, risultato di una pianificazione globale del territorio.  L'evangelizzazione è ispirata alle idee semplici e schematiche poste in atto da San Colombano sul continente europeo: i monaci scelgono di vivere tra i nativi del luogo in un rapporto di reciproco perfezionamento, per offrire un modello di vita cristiana. Giunti in Maritima si trovarono di fronte a un insieme di terre semideserte da almeno una decina d’anni, con case distrutte, cappelle abbandonate, poderi inselvatichiti e strade dissestate. 

Pur tenendo  conto che questi monaci colombaniani iniziarono da quanto era già stato fatto dalle popolazioni autoctone e dai coloni limitanei, la fama di grandi imprenditori agricoli assegnata loro dalla tradizione è indiscutibile. Nell’evangelizzare la popolazione, essi riuscirono a tessere una nuova struttura sociale e creare un sistema economico perfettamente organico e adattabile alle caratteristiche naturali di tutti i territori dove veniva applicato.  I centri propulsivi del sistema erano le “cellae” e le loro cappelle, che, oltre ai servizi religiosi e assistenziali, soprintendevano al controllo della produzione e all’accumulo delle risorse in esubero, per garantire riserve alimentari alla popolazione locale dei coloni e degli arimanni longobardi affittuari, nonché a eventuali eserciti in transito. La rete viaria viene ripristinata e adeguata, ponti e botteghe di fabbri e maniscalchi sono presenti nella loro utilità lungo le direttrici principali.

I monaci condividono fatiche e obiettivi con i contadini, lavorano fianco a fianco in familiarità. Nell'affiatamento scaturito il popolo si interessa a ciò che anima il mondo interiore del monaco, apprende vita e spiritualità del fondatore, i suoi miracoli, e si sente a sua volta attratto dalla devozione. Il desiderio di condividere gioie e dolori quotidiani si consolida nell'edificazione di chiesette rurali e cappelle, divenute nel tempo, con lo sviluppo degli insediamenti, parrocchie custodi della dedicazione a San Colombano, che ancora oggi costellano in particolare il Levante ligure. I territori di Lavagna, Cogorno, Chiavari e tutto l'entroterra genovese sono ricchi di testimonianze note agli studiosi e ai fedeli dell'abate irlandese. Di singolare interesse risulta il percorso devozionale detto “Il sentiero di San Colombano”, o “Sentiero del mare”.

 


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